Questa riflessione nasce da una chiacchierata di qualche tempo fa con un gruppo di miei allievi in occasione di uno shooting. Quello che ha stupito i partecipanti è stata questa mia frase: "Parliamoci chiaro, la fotografia è fatica!" Molto spesso si immagina la vita del fotografo, amatoriale o professionista, come qualcosa di relativamente facile, semplice, per nulla faticosa, infatti basta premere solo un bottone!
Lasciamo perdere le tonnellate di attrezzatura che normalmente ci si porta dietro, perché secondo me una bella foto, ovvero una foto che comunica, la si può fare tranquillamente con un cellulare o con una compatta punta e scatta. La fatica di cui parlo non è fisica, ma bensì mentale. Fatica nel tenersi aggiornato, nel affinare continuamente il nostro occhio, guardando con attenzione reportage e servizi di altri fotografi. Fatica perché prima di realizzare un servizio bisogna studiare bene non solo il nostro soggetto, ma anche il nostro committente, per capire cosa vuole esattamente da noi. Fatica perché dobbiamo conoscere le varie location, la luce nell'orario in cui scatteremo, trovare il momento migliore per la realizzazione stessa. Fatica perchè non finisce tutto dopo lo shooting, tutt'altro! Spesso il grosso del lavoro arriva nella fase dell'editing, e non parlo solo della post produzione. Vedo molto spesso lavori di colleghi e allievi che rimangono immutati negli anni, senza nessun tipo di modifica. Un reportage, come un portfolio, deve evolversi. Come noi cresciamo, deve crescere anche lui. Non parlo di aggiunta di nuovi scatti, ma di modificare l'editing stesso del lavoro. Riprendere e rimaneggiare un vecchio lavoro partendo da zero permette di vederlo in maniera completamente diversa, magari spogliandoci dei pregiudizi (non con valenza negativa) che abbiamo avuto nella fase del primo editing.