La prima domanda a cui risponderò è quella posta da Giorgia che chiede: "Ciao Marco, [...] parli spesso di editing dei lavori e reportage, dicendo che non si tratta solo di postprodurre le fotografie. [...] come si effettua una selezione delle fotografie per realizzare una mostra o una presentazione. [...] dallo scattato come ottengo la selezione delle 20 o 30 foto da presentare?"
Premetto che sono alla vecchia maniera, ovvero stampo ancora tanto e soprattutto stampo una sorta di provinatura (di solito in formato 10x15) che mi permette di scegliere con facilità la sequenza narrativa del reportage. Di solito dallo scattato scelgo un centinaio di fotografie da provinare. Non stampo tutto lo scattato con singole fotografie 10x15, mi incasinerebbe troppo, ho lavori che durano anche da dieci anni, e in questi casi inizio a creare dei provini a contatto in pdf da cui poi successivamente sceglierò quelle 100/150 fotografie da provinare cartaceamente.
In questo modo ho la possibilità di avere in ogni pagina 25 immagini e quindi poter scegliere facilmente le fotografie per la provinatura singola. Restringere la scelta da qualche migliaio di immagini ad un centinaio è estremamente difficile. Ci vuole tempo e pazienza. E' importante avere bene in mente quello che voglio raccontare. L'obiettivo finale deve essere ben chiaro. Inizio solitamente a scegliere lo scatto "migliore" tra le varie sequenze della medesima azione, andando a privilegiare quella che "funziona" meglio, ovvero quella che nell'economia del lavoro finale comunica meglio il messaggio che ho in testa. Questa fase è relativamente semplice. Ora viene il difficile: scegliere un centinaio di immagini su cui costruire la storia. Qua non ci sono trucchi. E' esperienza. E' pazienza. E' occhio. Cominciate a scartare tutte le fotografie che proprio non vi sembrano funzionali al messaggio che avete in mente. Fra quelle rimaste fate una selezione estetica. Cercate di scegliere fotografie che abbiano uno stile abbastanza simile fra loro per non creare confusione a chi guarderà il lavoro finito. Bene, fidatevi del vostro istinto, della vostra pancia. Non abbiate paura a togliere un'immagine che non vi convince del tutto. Se non vi convince un motivo ci sarà! Bene ora siete arrivato ad un centinaio di foto. Stampatele. Io normalmente le stampo 10x15.
E' un formato economico, ma che permette di avere facilmente una visione d'insieme. Questi primi provini sono stampati grezzi, assolutamente non post-prodotti, la loro utilità è quella di avere un riferimento visivo per provare varie sequenze narrative e scegliere quella migliore. Per me è fondamentale avere qualcosa di concreto in mano e poter spostare, cambiare di posizione, invertire o togliere dalla sequenza una o più immagine.
E' un formato economico, ma che permette di avere facilmente una visione d'insieme. Questi primi provini sono stampati grezzi, assolutamente non post-prodotti, la loro utilità è quella di avere un riferimento visivo per provare varie sequenze narrative e scegliere quella migliore. Per me è fondamentale avere qualcosa di concreto in mano e poter spostare, cambiare di posizione, invertire o togliere dalla sequenza una o più immagine.
Una volta che avete tutte le stampe sparpagliatele per terra, su un tavolo, in modo da avere tutte sott'occhio.
Ora cercate la prima immagine, quell'apertura, quella che prende per mano l'osservatore e lo introduce al vostro lavoro. Una volta trovata mettetela all'estrema sinistra. Ora fate l'operazione inversa: cercate quella finale, quella che conclude il racconto e mettetela all'estrema destra del piano di lavoro. Ora dovete scegliere le altre. Iniziate a prendere tutte quelle che assolutamente volete nel lavoro, quelle che secondo voi sono indispensabile. Provate e riprovate, inserite e togliete. Non cercate subito la sequenza narrativa, ma cerate di arrivare ad avere una 50ina di fotografie selezionate. Una volta trovate le 50 immagini allora iniziate a immaginare la sequenza. Scambiate di posizione, modificate l'ordine, insomma provate!
Fatevi consigliare da colleghi e appassionati. Un occhio esterno sarà di grande aiuto per staccarsi dall'onda emotiva. Ognuno di noi è affezionato a qualche scatto in particolare perchè è stato ricercato a lungo oppure perché è stato difficile da ottenere Ma magari, pur essendo bellissimo, non è funzionale al nostro lavoro, e quindi per questa volta non verrà scelto. L'occhio esterno non conosce gli aneddoti dietro agli scatti, quindi è più obiettivo di noi!
Ora cercate la prima immagine, quell'apertura, quella che prende per mano l'osservatore e lo introduce al vostro lavoro. Una volta trovata mettetela all'estrema sinistra. Ora fate l'operazione inversa: cercate quella finale, quella che conclude il racconto e mettetela all'estrema destra del piano di lavoro. Ora dovete scegliere le altre. Iniziate a prendere tutte quelle che assolutamente volete nel lavoro, quelle che secondo voi sono indispensabile. Provate e riprovate, inserite e togliete. Non cercate subito la sequenza narrativa, ma cerate di arrivare ad avere una 50ina di fotografie selezionate. Una volta trovate le 50 immagini allora iniziate a immaginare la sequenza. Scambiate di posizione, modificate l'ordine, insomma provate!
Fatevi consigliare da colleghi e appassionati. Un occhio esterno sarà di grande aiuto per staccarsi dall'onda emotiva. Ognuno di noi è affezionato a qualche scatto in particolare perchè è stato ricercato a lungo oppure perché è stato difficile da ottenere Ma magari, pur essendo bellissimo, non è funzionale al nostro lavoro, e quindi per questa volta non verrà scelto. L'occhio esterno non conosce gli aneddoti dietro agli scatti, quindi è più obiettivo di noi!
L'editing lo accosto molto al lavoro dello scultore, che dal blocco grezzo di marmo fa uscire la sua opera: anche noi dal blocco grezzo dello scattato facciamo uscire il nostro reportage, come la scultura è un'opera di sottrazione.
Sono del parere che un reportage debba evolversi seguendo la nostra evoluzione, sia personale che fotografica. Un lavoro non è mai finito, mai terminato, ma ogni volta che si deve riproporre deve essere ripreso da zero, dai files RAW, e svilupparlo sempre in maniera diversa.
Sono del parere che un reportage debba evolversi seguendo la nostra evoluzione, sia personale che fotografica. Un lavoro non è mai finito, mai terminato, ma ogni volta che si deve riproporre deve essere ripreso da zero, dai files RAW, e svilupparlo sempre in maniera diversa.